domenica 2 novembre 2014

L'educazione dei figli ed I limiti punitivi del genitore.

Cari lettori, oggi con questo post vorrei parlare delle regole che la legge detta sull'educazione dei figli e darvi anche qualche consiglio su come regolarsi quando si punisce un figlio con uno schiaffo, ma anche con una punizione di tipo coercitivo, ovvero che ne impedisce i movimenti e simili, del tipo "oggi non esci", oppure reprimende più o meno umilianti.

Non sempre infatti ci si rende conto del fatto che i nostri figli sono persone a tutti gli effetti, non solo con i loro doveri di figli, ma anche con diritti e garanzie.

La materia è piuttosto complicata perché si rischia di essere banali, oppure si rischia di essere fraintesi, comunque proverò ugualmente, se non altro perché la gestazione del post è stata un po' troppo lunga e travagliata, ovviamente senza millantare pretese di completezza, ma per dare giusto qualche indicazione per ulteriori personalissime riflessioni.

Cominciamo ad esaminare l'aspetto educativo: sono anch'io un genitore e mi trovo spesso a prendere decisioni complicate nell'educazione dei miei figli.

Le decisioni sono complicate perché non ci sono regole di comportamento prestabilite che ci possono indirizzare in un senso, o nell'altro, e spesso nemmeno il comune "buon senso" può essere utile.

E' ovvio che fare il genitore è uno dei mestieri più difficili in assoluto: per esempio si può essere severi a sproposito, e plasmare una personalità insicura e cupa, ma si può anche essere eccessivamente permissivi e lassisti a sproposito, e plasmare una personalità viziata, insofferente alle regole, menefreghista, irrispettosa degli altri, e chi più ne ha più ne metta. Mai valse tanto il sacrosanto principio del caso  per caso, o del caso concreto.

Gli psicologi ci confermano che non possono esistere regole prestabilite, semplicemente perché ogni figlio è diverso dall'altro, e necessità di un'educazione su misura per la propria individualità, consigliandoci di non essere né troppo autoritari, né troppo permissivi, ma chiedendoci di essere "autorevoli".


















Anche questo però è un concetto tanto saggio quanto generico: provate voi ad essere autorevoli e non autoritari quando un bambino fa i capricci: che gli fai vedere il diploma di laurea o di maturità per convincerlo che bisogna ubbidire ai genitori? Non credo. Ovviamente si tratta di una battuta (ammesso che la laurea serva ancora a qualcosa), ma è chiaro che in alcuni casi bisogna essere per forza autoritari, sia per avere delle risposte educative concrete, sia perché la mediazione ed il dialogo vanno portati avanti fino a che c'è spazio, e non certo quando il bambino o il ragazzo si rifiuta a priori di prenderli in considerazione.

La legge ovviamente risente di questa "giustizia del caso concreto" e per questa ragione si limita a darci precetti generici, molto saggi, ma assai poco utili in concreto: prendiamo gli artt. 315 bis e 316 del  c.c. che ci parlano dell'educazione dei figli, dei nostri doveri, e anche dei doveri dei figli stessi.

Vanno educati ed indirizzati nel rispetto  dei limiti delle loro "possibilità", cioè la legge ci dice - in primo luogo - che non possiamo pretendere dai nostri figli quello che ci piacerebbe a noi che diventassero, ma dobbiamo rassegnarci a quello a cui possono in concreto aspirare; per altri versi se un bambino o una bambina sono particolarmente dotati,  la legge ci chiede di assecondare le singole inclinazioni e di farci in due per consentirgli di ottenere ciò a cui potrebbero aspirare.

Anche in questo caso è difficile capire a priori quali siano queste "possibilità" e queste inclinazioni e se persistano sempre nell'arco della crescita del figlio, oppure se mutino in un senso o nell'altro, così come, in generale, è sempre difficile prendere una decisione per qualcun altro, quando è già difficile prenderla per noi stessi.

La vita però è così, e se non decidessimo per noi o, peggio, per i nostri figli, forse vivremmo ancora nelle caverne ed avremmo una specie di figli stile paese dei balocchi. 

Interessante comunque che le norme più recenti a proposito delle scelte educative dei figli mettano il minore al centro del processo decisionale che lo riguarda, nel senso che  legge  chiede, sia a noi genitori, che al giudice, quantomeno di ascoltare il minore che abbia compiuto i dodici anni (o anche di età minore se sia accertato che ha capacità di "discernimento") nelle questioni che lo riguardano, e questo è un buon consiglio sull'educazione dei figli: ascoltarli e parlare con loro non è mai sbagliato ed aiuta genitori e figli a crescere insieme, condividendo le scelte di fondo. 

Ma come ci si deve comportare quando il figlio compie un atto o pone in essere una condotta che è sbagliata socialmente e moralmente,  meritando una punizione esemplare ?

In generale sono caldamente sconsigliate le punizioni corporali: la dottrina e la giurisprudenza hanno compiuto una evoluzione piuttosto chiara che non lascia spazio a tentennamenti.

In precedenza infatti i giudici erano piuttosto permissivi, nel senso che il c.d. ius corrigendi - ovvero il diritto dovere dei genitori di punire i figli a fini educativi -  veniva ritenuto una vera e propria esimente ex art. 51 del codice penale (esimente per esercizio di un diritto) per i reati di ingiuria, minacce, lesioni e percosse.

Oggi però non è più così:

 Cass. pen. Sez. V, 10-10-2012, n. 45859 (rv. 254835)
LESIONE PERSONALE E PERCOSSE

REATO - Cause di giustificazione - Esercizio di un diritto - "jus corrigendi" - Percosse produttive di lesioni ai danni del figlio minore - Invocabilità - Esclusione
Non è invocabile l'esercizio dello "jus corrigendi" da parte del genitore il quale, ancorché con finalità educative, compia nei confronti del figlio minore atti violenti consistenti in percosse reiterate e produttive di lesioni. (Rigetta, Trib. Torino, 01/07/2011)
FONTI 
CED Cassazione, 2012  

Vabbè, direte voi, atti violenti reiterati.. questo avrà rotto qualche braccio oppure avrà mollato sganassoni alla Bud Spencer... certo, bisogna andarci piano, ma attenzione: nel concetto di "lesione personale" teoricamente c'è ricompreso  anche l'arrossamento per il ceffone, per l'orecchio tirato, insomma qualsiasi forma di contatto fisico che si riferisca ad un atto potenzialmente violento produttivo di un qualche trauma in senso medico legale...

Dite che mi sto spingendo un po' troppo in là e che uno schiaffo lo abbiamo dato tutti ?

Certo, che è così, e sono d'accordo che sul piano umano non si dovrebbe rimproverare nulla ad un genitore che reagisce ad una condotta sbagliata del figlio con un ceffone, ma sul piano giuridico non è  detto che si produca lo stesso risultato assolutorio.

Potrei anch'io dire "quando ce vo ce vo" oppure fare considerazioni comuni della serie siamo cresciuti tutti con qualche sganassone di troppo ed eccoci comunque qui, ben cresciuti ed educati, cittadini consapevoli e vaccinati, però rimane il fatto che potenzialmente si possono causare seri danni (anche non prettamente fisici) ad un minore anche cresciutello quando lo schiaffo o il calcio cominciano ad essere un abitudine ed una reazione normale ad una condotta del minore da contrastare. Un abitudine che spesso non ci si rende bene conto di avere acquisito, e che matura in modo subdolo, giorno dopo giorno.

Fra l'altro non meno rischioso per la fedina penale del genitore è l'evitare schiaffi e botte varie, adottando punizioni alternative, che abbiano ad oggetto limitazioni della libertà personale. 

Ammessa per certo la punizione "non ti mando qui, non porto là" non tutte le "coercizioni" sono ammesse, ed in particolare quelle che costringono il minore ad adottare contro la sua volontà condotte umilianti o di segregazione, come per esempio essere costretti a rimanere chiusi a chiave nella propria stanza per tot tempo e simili. In un caso che mi ha particolarmente colpito per la severità della giurisprudenza è quello che vi riporto qui sotto: addirittura essere condotti con la forza dal nonno a chiedergli scusa per averlo insultato poco prima integra, secondo questa giurisprudenza, il reato di violenza privata.

Questo il caso:

Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 18/09/2012) 07-11-2012, n. 42962
TRIBUNALE DEI MINORENNI
Tribunale per i minorenni
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TERESI Alfredo - Presidente -
Dott. MARASCA Gennaro - Consigliere -
Dott. OLDI Paolo - rel. Consigliere -
Dott. BRUNO Paolo Antonio - Consigliere -
Dott. LAPALORCIA Grazia - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
C.G.M.V., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 20/04/2011 della Corte di appello di Bari;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Paolo Oldi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale D'Angelo Giovanni, che ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio per prescrizione.

Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 20 aprile 2011 la Corte d'Appello di Bari, confermando la decisione assunta dal Tribunale di Trani, sezione distaccata di Molfetta, ha riconosciuto C.G. responsabile del delitto di violenza privata ai danni della figlia minore C.S., per averla costretta con la forza a seguirlo presso l'abitazione del nonno paterno; ha quindi tenuto ferma la sua condanna alla pena di legge e al risarcimento dei danni in favore della parte civile.
1.1. Ha negato quel collegio che potesse applicarsi la scriminante dello ius corrigendi, osservando che l'esercizio di esso, nei limiti in cui sia eventualmente configurabile, deve concretarsi in modalità lecite e rispettose della personalità del minore.
2. Ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, per il tramite del difensore, affidandolo a due motivi.
2.1. Col primo motivo il ricorrente denuncia travisamento dei fatti, sostenendo che lo scopo da lui perseguito non era quello di far incontrare la figlia coi nonni contro la sua volontà, ma solo quello di indurla a scusarsi col nonno, nei confronti del quale aveva tenuto giorni prima un comportamento insolente.
2.2. Col secondo motivo eccepisce l'intervenuta estinzione del reato per prescrizione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito esposte.
1.1. Il primo motivo è manifestamente infondato. La Corte d'Appello ha motivatamente escluso che la condotta posta in essere dal C. nei confronti della figlia potesse essere legittimata dallo ius corrigendi, osservando che, quali che fossero le finalità educative da lui perseguite, il diritto genitoriale non poteva estendersi fino a farvi rientrare l'uso gratuito della violenza; la costrizione fisica usata nei confronti della minore, obbligata con la forza a seguire il padre presso l'abitazione dei nonni paterni, e a tal fine letteralmente trascinata per parecchi metri, è stata giudicata eccedente i limiti della causa di giustificazione di cui all'art. 51 cod. pen..
Oltre a ciò, non ha mancato la Corte territoriale di accennare alla condizione giuridica del C., di genitore separato dalla moglie e non affidatario della minore, lasciando intendere che anche sotto tale profilo il dirottamento della figlia dal normale percorso dalla scuola alla casa d'abitazione aveva integrato una violazione di legge.
La linea argomentativa così sviluppata, del tutto immune da vizi di carattere logico e giuridico, non ha trovato alcuna confutazione nel ricorso del C., il quale si è limitato ad offrire una diversa indicazione delle finalità educative da lui perseguite (l'intento di indurre la figlia a chiedere scusa al nonno paterno, piuttosto che di farla semplicemente incontrare con lui), senza in alcun modo contrastare i rilievi mossi dal giudice di merito in ordine alla illiceità delle modalità violente, ed esageratane coercitive con cui era stata condotta. Anche il richiamo, fatto nel ricorso, al permanere della potestà genitoriale in capo al padre non affidatario è fuori centro rispetto all'apparato motivazionale della sentenza impugnata.
2. Del pari manifestamente infondato è il secondo motivo.
2.1. Nell'eccepire l'avvenuta maturazione della prescrizione il ricorrente mostra di non tener conto del fatto che, alla data della sentenza di secondo grado, non era ancora decorso il termine massimo di sette anni e sei mesi - tenuto conto degli atti internativi - dalla consumazione del reato, collocata cronologicamente al 6 marzo 2004.
3. La rilevata inammissibilità del ricorso impedisce di rilevare la prescrizione verificatasi in epoca successiva a detta pronuncia. Ne conseguono, altresì, le statuizioni di cui all'art. 616 cod. proc. pen..
4. Stante la minore età della persona offesa all'epoca del fatto, deve disporsi l'oscuramento dei dati identificativi.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Dispone l'oscuramento dei dati identificativi.
Così deciso in Roma, il 18 settembre 2012.
Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2012


Ora, al di la del caso concreto ( una sentenza diciamo un po' troppo punitiva), quello che emerge è che la giurisprudenza più moderna di fatto non solo non ammette punizioni corporali o coercitive, ma nemmeno è ammesso insultare in modo volgare i propri figli, infatti si è affermato che:

Cass. pen. Sez. V, 03-11-1994, n. 12521 (rv. 200441)
Fioravanti
INGIURIA E DIFFAMAZIONE
In tema di ingiuria non si profila la scriminante dello "ius corrigendi" quando il tenore dell'espressione offensiva pronunciata, perentorio e rancoroso, oltre che di inusitata e brutale volgarità, sia tale da escludere ogni possibilità di ipotizzare un semplice rimprovero rivolto a fini educativi. (Fattispecie nella quale il padre aveva apostrofato la figlia minore con le seguenti espressioni: sei ancora vergine? sei una p...., con quante persone sei andata a letto?).
FONTI
CED Cassazione, 1994
Cass. Pen., 1996, 1162 

A me personalmente non verrebbe mai in mente di fare una scenata simile così volgare, e così credo anche alla maggior parte di voi, però è chiaro che in un'altra situazione di tensione e di confronto, specialmente nell'età dell'adolescenza, in cui i nostri figli mettono a dura prova la nostra pazienza, ci potrebbe pure scappare una parola più pesante del previsto, che vada al di là del dare del cretino o dello scemo al proprio figlio. Tale evenienza è da evitare, perché è considerata reato a tutti gli effetti.

Rimane un'ultima norma da esaminare ovvero l'art. 571 del c.p. che nella rubrica recita abuso dei mezzi di correzione ed è riferita a tutti quei soggetti che hanno responsabilità sui minori, dai genitori ai maestri, dai parenti affidatari agli educatori di ogni genere.

Dice l'art. 571 c.p.:

c.p. art. 571. Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina.
Chiunque abusa dei mezzi di correzione o di disciplina in danno di una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, ovvero per l'esercizio di una professione o di un'arte, è punito, se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente, con la reclusione fino a sei mesi [c.p. 31] .
Se dal fatto deriva una lesione personale, si applicano le pene stabilite negli articoli 582 e 583 , ridotte [c.p. 63]a un terzo; se ne deriva la morte, si applica la reclusione da tre a otto anni [c.p. 29, 32] .

Ora, sul concetto di abusare di qualcosa e per l'effetto deriva una malattia del corpo o nella mente si potrebbe aprire una discussione addirittura filosofica che per vostra fortuna eviteremo in questo post.
Per il momento esaminiamo semplicemente la disposizione che si basa su una prima distinzione: l'abuso puro e semplice dei mezzi di disciplina, e quello più grave al secondo comma, in cui oltre al mero abuso subentra una lesione semplice o grave, o addirittura la morte; per questa ragione è un abuso ovviamente punito più severamente.

Ma quando è che si abusa dei mezzi di correzione? Facile rispondere quando il bruto spacca un labbro ad un bambino di quattro anni che con petulanza chiede di comprare le caramelle, ma che succede se reagisco ad una ragazzo di sedici anni che mi minaccia chiedendomi soldi in continuazione diciamo per andare a giocare al video poker?

Purtroppo la giurisprudenza non ci aiuta gran ché:

Cass. pen. Sez. VI, 19-03-2014, n. 15149
F.S.
ABUSO DEI MEZZI DI CORREZIONEMINORI AGLI EFFETTI PENALI
In tema di abuso di mezzi di correzione e di disciplina, mentre non possono ritenersi preclusi quegli atti di pressione morale adeguati alle finalità di rafforzare la proibizione di comportamenti di indisciplina gratuita o insolente idonei a minare la credibilità e l'effettività della funzione educativa, o anche quelli di coercizione fisica meramente impeditivi di condotte violente da parte del discente, integra la fattispecie criminosa p. e p. dall'art. 571 c.p. l'uso di un mezzo fisico, psicologico o morale, il cui effetto sia l'umiliazione del soggetto passivo. La ratio di una tale previsione risiede nella finalità educativa che deve esercitarsi in coerenza con un'evoluzione traumatica della personalità del soggetto cui è rivolto. Ove il soggetto passivo sia un bambino, il termine "correzione" deve intendersi quale sinonimo di educazione mentre, l'imposizione di una condotta fisica, di per sé gravemente umiliante, al di là degli intenti educativi, corrisponde oggettivamente alla riproduzione di un dileggio del minore.
FONTI
Massima redazionale, 2014 

Cosa significhi esattamente questa recente massima lo vedete da voi. Tutto ed il contrario di tutto. Diciamo che si pone molto l'accento sull'umiliazione e sul fatto che le uniche condotte violente ammesse sono solo quelle "impeditive" della violenza che il minore stesso potrebbe compiere, mentre la decisione evidenzia che ben si può abusare dei mezzi di correzione persino con mezzi di coercizione morale (il famoso ricatto morale) e/o psicologica che esulino dalla funzione educativa. E quando  i mezzi di correzione (rectius educazione) "esulino" in concreto è difficile da dirsi, salvo casi estremi ed eclatanti.

C'è da dire che questa massima si riferisce non al caso del genitore, ma a quello del maestro, che aveva obbligato il minore a girare carponi per l'aula e ad emettere grugniti di maiale, ed è chiaro che ciò fosse gratuitamente umiliante, ma è comunque facile umiliare un bambino o anche un ragazzino davanti a suoi "pari", ed è cosa alquanto usuale nella realtà genitoriale di tutti i giorni: può anche integrarsi con offese reiterate nemmeno tanto pesanti, quali stupido o cretino, oppure con privazioni emarginanti, quindi occhio all'umiliazione in generale e davanti ad altre persone in particolare.

CONCLUSIONI

Il principio della massima (comunque valido anche per il genitore) e più in generale la stragrande maggioranza degli ultimi orientamenti della giurisprudenza ci suggeriscono di evitare il più possibile non solo l'atto violento, ma anche l'offesa e/o l'umiliazione gratuita davanti ad altri (percosse pubbliche, sceneggiate davanti ad altri, ecc.) rispettando la dignità dei figli anche quando ci "levano le botte dalle mani".

A questo punto verrebbe da chiedersi ma questi giudici sono mai stati anche genitori o sono dei robot perfetti? 

Ovviamente anche loro sono uomini, ma la giurisprudenza  ci  deve necessariamente sconsigliare di usare i mezzi tradizionali dello schiaffone violento e proditorio e riconosce solo la possibilità di esercitare la c.d. modicissima vis, ovvero lo scappellotto o l'opposizione fisica a casi estremi (come la legittima difesa per sé o per altri, o la coercizione fisica per evitare atti avventati ecc.), ma comunque è bene ricordare che ci si muove sempre su un terreno estremamente scivoloso e dai contorni molto incerti ed aleatori, dunque evitiamo atti di reazione fisica il più possibile e agiamo sempre con prudenza e moderazione, contiamo fino a cinque prima di perdere la pazienza, cercando di punire i figli sempre con dispiacere e mai sull'onda della rabbia cieca ed irragionevole, o peggio solo per riaffermare la nostra supremazia in famiglia.

Facile a dirsi, difficile a frasi.

Un saluto e per sdrammatizzare il giusto divertiamoci con  gli sganassoni più spassosi del cinema di qualche tempo fa...

Sganassoni di Thomas Milian a Bombolo.