sabato 19 aprile 2014

Rivoluzione 2.0: fuori dall'euro e dalla burocrazia.

Chiudiamo il primo giro della tipologia di post del blog parlando un minimo anche di economia.

Essendo un giurista, devo approcciare alla materia con il massimo della modestia e dell'umiltà possibile, da una parte pronto a rivedere le mie convinzioni, ma dall'altra forte di un minimo di preparazione universitaria, perché anche alla facoltà di giurisprudenza ci insegnano almeno alcuni elementi di economia politica (materia fondamentale nel piano di studio a Perugia).

Accanto a questa infarinatura di base mi sono poi da ultimo voluto documentare in modo un po' più approfondito a causa della crisi economica che ormai ci attanaglia dal 2007-2008, una crisi che vivo peraltro anch'io sulla mia pelle in modo pesante, soprattutto con miei clienti che non mi pagano (dovrò anch'io rivolgermi ad un avvocato...) e che hanno mandato in decisa sofferenza il mio redditto, visto che lo "stataccio" infame i soldi li vuole comunque, anche se non guadagno, o guadagno molto meno di prima.

Naturalmente so bene che, salvo l'eccezione che conferma la regola, la clientela non paga perché non può pagare, anch'essa duramente provata dalla crisi: direbbe Verdone "E' 'na catena...".

Ho cercato dunque di capire perché ci troviamo in questa condizione così atroce e per certi versi disperata, chiedendomi in primo luogo come mai l'Italia abbia potuto ridursi da quarta potenza economica del mondo ad un paese in cui il tasso di disoccupazione è superiore al 12%,  e quello giovanile ha superato ben il 40%.

Accanto a questa considerazione c'era lì presente, in un cantuccio della mia mente, una disillusione forte e pesante, quella nei confronti dell'Europa, dell'Unione Europea e anche di tutte le sue istituzioni, compresa la moneta ovvero l'Euro. Ma era una specie di vocina che stentavo a seguire e che per certi versi autocensuravo.

Sono stato infatti da sempre un europeista convinto, e mi attendevo che con l'unione monetaria e con la progressiva integrazione europea avremmo avuto una specie di età dell'oro, in cui il nostro stataccio si sarebbe finalmente uniformato agli standard dei paesi più efficienti, migliorando nettamente, rispettandoci di più come cittadini, per esempio abbassandoci le imposte; giuridicamente c'era una grande attenzione per il diritto comunitario, che avrebbe costretto le nostre cariatidi della giustizia ad abbandonare il formalismo di derivazione giustinianea per approdare al sostanzialismo anglossassone, ex aequo et bono; economicamente c'era la convinzione che il lavoro ci sarebbe venuto copioso dai paesi del nord, che avrebbero volentieri integrato la loro organizzazione teutonica con la nostra inventiva e la nostra fantasia, per creare un modello europeo super competitivo in grado di battere economicamente cinesi ed americani, con possibilità ed opportunità internazionali a iosa, perfino per un avvocato come me, con la possibilità di spostarsi ed andare magari a fare le cause a Francoforte o chissà dove. La stessa convinzione oggi cercano di vendercela in alcuni spot di "regime"  come quello che segue, ma a me ormai non mi incantano più con la paura della guerra, o con altre paure che in modo nemmeno tanto subliminare si insinuano in questi spot, della serie sì, abbiamo sbagliato, ma chi lascia la vecchia per la nuova sa che cosa lascia ma non sa che cosa trova...

E invece cosa è successo con l'Unione monetaria? Beh, penso che sia francamente difficile negarsi l'evidenza e continuare a illudersi, soprattutto alla luce del responso della storia che, dal 2001, anno di entrata in vigore dell'Euro, ci ha regalato progressivamente anni sempre più tristi e bui, densi di infelicità e disperazione, e soprattutto di paura per il nostro futuro e per quello dei nostri figli, fino al 2007, quando la crisi della Lehman Brothers ha dato la spintarella finale all'economia mondiale, precipitandola nel baratro della crisi economica più grave mai vista nella storia, persino peggio di quella del '29.

L'Europa si è quindi rivelata un tragico errore; preoccupata a misurare la curvatura delle banane da importare o a vietarci il formaggio di fossa, si è rivelata un'organizzazione oligarchica, completamente avulsa dai problemi e dalle esigenze dei cittadini che si proponeva di governare, e ne ha rapidamente peggiorato la condizione economica nel volgere di appena un decennio, in tutti i paesi, compresa la Germania, ma in particolar modo nei c.d. PIIGS (che guarda caso significa porci in inglese, pensate quanto sono razzisti, persino negli acronimi), ovvero Portogallo Italia, Irlanda, Grecia e Spagna.

Piuttosto l'Unione si è appalesata come il peggio del peggio dell'organizzazione statale. I burocrati di Brusselles hanno rapidamente cominciato a condizionare tutto e tutti, fiancheggiati peraltro dal campanilismo dei singoli stati (tranne l'Italia ovviamente, che è notoriamente affetta da complessi di inferiorità e da esterofilismo esasperato), che hanno per esempio voluto ed ottenuto ben due capitali, Brusselles e Strasburgo!

L'Unione ci ha poi regalato una giustizia europea di luci ed ombre (per chi volesse approfondire clicca qui), che ha finito per caratterizzarsi come un specie di quarto grado di giudizio, che ha avuto l'unico merito di farci toccare con mano quanto fa schifo la legge e la giustizia italiana, e quanto possono essere ingiuste le sentenze dei magistrati italiani (cose che peraltro potevamo già intuire da soli), ma che alla fine ha inciso molto poco nel nostro ordinamento ed in quello comunitario, arrivando al massimo ad ordinare a Brusselles di pubblicare i bandi anche in italiano per evitare discriminazioni (e vorrei pure vedere...) o a disporre per i fratelli Matarrese di Bari il risarcimento dei danni per la demolizione degli ecomostri di Punta Perotti.

Ma se sul piano istituzionale l'Unione europea si è rivelata un vantaggio solo per i burocrati e per le oligarchie finanziarie e non certo "per il popolo democratico e antifascista", come si diceva nei comizi di sinistra di una volta, è sicuramente il piano economico il più disastroso in assoluto dell'esperienza europea, dove con lo strumento dell'Euro si è causata disoccupazione, recessione economica, incrementi generalizzati della fiscalità, tagli ciechi e lineari alla spesa pubblica, perdita e contrazione di tutte le garanzie dei lavoratori dipendenti, criminalizzazione dello stato sociale, aumento indiscriminato dei prezzi di tutti i beni e dei servizi (alcuni dei quali prima potevamo permetterci, mentre ora non sono più accessibili per i più, come viaggi e vacanze, divertimenti e beni di lusso); parallelamente sono diminuiti i valori dei beni che avevamo già; uno su tutti, il valore degli immobili, che i nostri padri - con grande sacrificio - erano riusciti a conquistare, e che ora potrebbero anche valere zero, visto che è praticamente impossibile vendere.

Nonostante questa realtà innegabile, fino a poco tempo fa pensavo che la causa di questa situazione fosse colpa nostra, dell'Italia e degli italiani, evasori professionisti, gente poco produttiva, ipersindacalizzata, governata da gente estemporanea, che spendeva e spandeva negli enti locali regalando soldi ai politici trombati e corrotti e ai parassiti di ogni genere; insomma, pensavo che la responsabilità fosse da addebitare alla c.d. spesa pubblica improduttiva e al nostro immane debito pubblico, mentre gli europei del nord, e la Germania in primis, erano il modello ideale, e rappresentavano il modello da imitare così come ci veniva confermato dai vari Giavazzi dalle colonne del Corriere della Sera.

Non voglio dire che non sia così, o meglio, non voglio affatto negarmi che questi siano seri problemi italiani che vadano combattuti e risolti comunque, ma dopo la lettura de "Il tramonto dell'euro" del Prof. Alberto Bagnai, Imprimatur ed. (potete trovare il link al suo assai colto blog Goofynomics, in questo mio sulla mia home), mi sono reso conto che il punto centrale della crisi è proprio l'euro, ed il ruolo che la Germania ha giocato nell'integrazione europea, essendo semmai la responsabile della situazione e non certo il modello da imitare.

Per me e per la mia impostazione politico-economica questo libro è stato una vera e propria rivelazione, perché l'economista, che non fa mistero di definirsi di sinistra (e che fra l'altro si scandalizza molto della posizione della sinistra istituzionale italiana oltremodo europeista) spiega in modo chiaro come stanno in realtà le cose, e quando ho finito di leggerlo, mi sembravo Villaggio nel tragico Fantozzi, quando documentandosi di politica si riscopre alla fine marxista-leninista.

La tesi del libro è molto approfondita, documentata in modo serio ed accurato, con riferimenti alla stragrande maggioranza della letteratura economica più influente, fra cui (sorprendentemente per me) anche diversi premi Nobel, che sostanzialmente "ce lo avevano detto" che sarebbe finita così, con un disastro economico immane.

Non sono mai stato avvezzo alla matematica ed ai grafici, però devo dire che nel libro i grafici provenienti da fonti certe e addirittura "nemiche" danno conto di una realtà evidente e difficilmente confutabile; è difficile sintetizzare il fil rouge del libro, senza rischiare la grossolanità, ma dovendo necessariamente farlo, per esigenze di spazio, si può riassumere affermando che l'A. sostiene in primo luogo che l'euro, come tutte le unioni monetarie del passato fondate sulla rigidità del cambio senza preventiva unione fiscale e contributiva, è destinato a creare squilibri sempre più grandi fra i paesi che ne fanno parte, diversi per tipologia socio-economica, fino al collasso economico e al default.

Fra i paesi che di questi squilibri si sono avvantaggiati c'è la Germania e la sua potentissima oligarchia finanziaria-bancaria, che, di fatto, con l'euro è riuscita ad eliminare il suo principale problema di competitività nei confronti di tutti gli altri partners europei, che era rappresentato dal supermarco, ovvero da una moneta troppo forte rispetto alla lira, ma anche rispetto al franco francese e alla peseta spagnola, che le impediva di produrre, vendere ed esportare i suoi beni a prezzi competitivi.

Per questo motivo è anche difficile trovare media imparziali disposti a parlare senza pregiudizi di Euro e di Germania, nonostante tutti gli opinion makers, compresi gli europeisti più estremisti, almeno a parole, ritengano di voler quantomeno cambiare questa europa, ma senza toccare minimamente l'Euro, che sta assumendo i connotati di un vero e proprio tabù.

E come tutti i tabù che si rispettino, anche l'uscita dall'Euro è accompagnata dall'aura della paura e del terrorismo psicologico: quante volte avete sentito parlare delle conseguenze nefaste che deriverebbero dall'uscita dall'euro? Il prezzo della benzina salirebbe di settevoltesette (sembra quasi una maledizione biblica...) le rate del mutuo triplicherebbero, i nostri risparmi brucerebbero, l'inflazione ci costringerebbe a fare la spesa con carriole di soldi... ecc. ecc. (una accurata controinformazione su queste ed altre "dicerie" sull'euro le potete trovare sul libretto a cura della Lega scritto da Claudio Borghi qui a bastaeuro.org con video gagliardo qui di seguito.


Ebbene tali luoghi comuni vengono confutati con dati di fatto difficilmente contestabili, con riferimenti al passato molto precisi e convincenti, fra cui l'esempio più emblematico l'uscita dell'Italia dallo SME, da cui il nostro paese trasse grandi benefici economici e monetari.

Naturalmente non mi sono accontentato del pur esaustivo libro del Prof. Bagnai, ed ho cercato in giro (soprattutto su Twitter) altre opinioni; con sorpresa ho verificato che la posizione del Prof. Bagnai non è affatto isolata ed anzi è condivisa da altri economisti e professori universitari italiani, più o meno inquadrabili in aree di riferimento politico di destra e di sinistra, fra cui spiccano il Prof. Claudio Borghi Aquilini della Cattolica di Milano che seguo su twitter (@borghi_cluadio) e su facebook (ttps://www.facebook.com/pages/Claudio-Borghi-Aquilini/207792402690794), nonchè il Prof. Antonio Rinaldi, autore di Europa Kaputt Piscopo Ed. (su Twitter @rinaldi_euro), o anche il Prof. Paolo Savona, o la Prof. Loretta Napoleoni. Anche il prof Becchi (filosofo) dato vicino al movimento 5 stelle è sulle medesime posizioni.

Perfino il "nostro" premio Nobel Modigliani ebbe a pronunciarsi in modo negativo se non sull'euro, di sicuro sulla BCE e sulla Bundesbank, ma c'è da dire che è deceduto nel 2003, quando ancora forse non poteva valutare appieno le nefaste conseguenze della moneta rispetto al 2003.

Da bravo avvocato, amante del contraddittorio, ho poi voluto anche sentire chi la pensava in modo differente per farmi un'opinione completa, fra cui i Professori Fubini, Zingales, Puglisi, e Boldrin e di seguito trovate un video di Zingales alquanto problematico sull'uscita dall'euro (a cui tuttavia nel libro di Bagnai vengono comunque date risposte e contromisure ovviamente di natura teorica), ma è certo, almeno per quanto mi riguarda, che nell'euro sarebbe stato meglio non entrare, e sarebbe meglio uscire il prima possibile.
Certo è che anche chi propone di avere più Europa con tutto quello che ne comporta (BCE prestatore di ultima istanza, eurobond ecc. ecc.) è per me ancora più pericoloso dei conservatori dello status quo europeo, perché se oggi è ancora possibile uscire dall'euro (anche se dubito che sia possibile uscirne a costo zero, essendo probabile che ci convenga sopportarne comunque le conseguenze sfavorevoli), domani con gli eurobond ed altro, e sempre ammesso che i tedeschi accettino, sarebbe pressoché impossibile uscire.

Ancora sotto trovate altri video di confronti fra Borghi e Boldrin  e Loretta Napoleoni in cui secondo il mio parere Boldrin non ne esce gran ché bene.

Qui Napoleoni Boldrin.

Anche in Francia l'opinione pubblica si sta cominciando a fare qualche domanda in più sull'euro e sull'Europa, come dimostra l'ascesa del Front Nazional di Marine Le Pen, paladina transalpina dell'uscita dall'euro, che qui mi pare abbia saputo rispondere punto su punto a Lilly Gruber nell'intervista a otto e mezzo su la 7 qui in estratto e sotto riportata per intero, con grande maestria, e soprattutto senza incappare nelle provocazioni che la ineffabile Gruber ha cercato di piazzare, per farla apparire con una specie di Goebels, pronta a rimettere le camere a gas.




Chiudo con un inglese, Mr. Nigel Farage, deputato europeo, che forse difende meglio di qualunque altro deputato italiano l'insulto continunato che questa gentaccia di Brusselles muove quotidianamente alla nostra democrazia; mi fa riflettere che a fare questo sia questo sconosciuto (in Italia, ma in Inghilterra molto famoso) signore inglese e che debbano essere gli stranieri a rappresentarmi appieno come Mister Farage o Madame Le Pen!
Per il momento devo dire perfortuna che ci pensano almeno loro!
Un saluto a tutti voi, e Buona Pasqua.



Nessun commento:

Posta un commento